Ti mangio e ti bevo!

di Max Della Mora


Uno dei tormentoni cinematografici più efficaci dei primi anni ’70 è stato quel ridondante “I drink your blood, I eat your skin”, utilizzato in un trailer che accoppiava un piccolo gioiello di scorrettezza a un innocuo, ma non meno interessante, horror in bianco e nero.
Il regista Del Tenney, in un’intervista rilasciata a Fangoria, definisce Zombie come il suo primo (ed unico) big picture, costato circa tre volte tanto i suoi titoli precedenti (ad esempio The horror of party beach). Al tempo stesso, imputa la mancata distribuzione del suo film al successo enorme ottenuto in quel periodo dalle produzioni Hammer, che avevano calamitato l’attenzione del pubblico e orientato i distributori verso film con generose dosi di sangue ed erotismo. «Con Voodoo blood bath (titolo di lavorazione di Zombie, a volte riportato anche come Zombies n.d.a.) - I took a bath (1)» dice scherzosamente Tenney. 


Del Tenney


Rimasto ad ammuffire sugli scaffali di qualche laboratorio, Zombie venne successivamente svenduto al produttore e distributore Jerry Gross il quale, avendo bisogno di un secondo titolo per la distribuzione in double-bill di Phobia - film incentrato su di un gruppo di hippie-satanisti contaminati dalla rabbia canina, diretto da David Durston - lo ripescò dal suo catalogo. Nonostante i due film fossero agli opposti, Barney Cohen, incaricato alla realizzazione della campagna pubblicitaria, riuscì ad unirli creando una meravigliosa locandina nella quale, oltre a rinominare Phobia con il ben più diretto I drink your blood (in Italia La rabbia dei morti viventi), sostituì Zombie, in una sorta di assonanza culinaria, con I eat your skin





Zombie/I eat your skin ha come protagonista lo scrittore Tom Harris, sex-symbol circondato da un harem di femmine adoranti già dalla sua prima apparizione in scena. Invitato sulla misteriosa Voodoo Island in cerca di spunti per un nuovo romanzo infarcito di sesso e brividi, Harris troverà ambedue le cose: la bella figlia di uno scienziato e un “esercito” di zombi. I morti viventi, simili ad una versione zombificata degli alieni con gli occhi a palla di Guerra tra i pianeti (Killers from space, 1954), sono la conseguenza della sperimentazione di un siero per la cura del cancro. 

I eat you skin non è affatto inferiore alle altre produzioni a basso budget del periodo; le scene dei riti vudù sono sensuali e ben realizzate, il personaggio del loa Papa Negro e il suo servitore, interpretato dallo statuario Vanoye Aikens, affascinanti, la colonna sonora a base di un’ipnotica musica lounge coinvolge. Di contro, alcune scene sono ingenue: su tutte quella in cui uno degli zombi avanza implacabile verso i protagonisti portando in mano una cassa di esplosivi. Il primo kamikaze-zombi della storia!




Nonostante il nuovo titolo, I eat your skin non contiene scene di cannibalismo o altre efferatezze, la violenza è praticamente assente a favore di atmosfere e azione, a differenza di La rabbia dei morti viventi che offre invece buone dosi di sesso e sangue.

Da notare che il DVD americano della VCI Entertainment (in una ulteriore, e improbabile, accoppiata con l’horror spagnolo - girato in Ecuador - El pantano de los cuervos), presenta quello che si potrebbe definire il director’s cut del film. Riportando nei cartelli il titolo originale, Zombie, diventa così evidente che la versione primitiva durava 92 minuti circa, decurtati in seguito a 82, tagliando essenzialmente scene di raccordo (alcune abbreviate, altre totalmente soppresse) e accorciando molti dialoghi, soprattutto nei momenti più leggeri. La differenza più appariscente tra i due montaggi la si trova nello spostamento di parte della lunga sequenza del rito vudù che, mentre in Zombie si trova a metà film, in I eat your skin diventa l’introduzione, prima dei titoli di testa. Nella sequenza originale si vede quasi integralmente il sacrificio di un capretto, offerto presumibilmente al loa Damballa, spirito principale del vudù haitiano, spesso raffigurato come un serpente. Una giovane adoratrice, perno sensuale della scena, conclude la sua danza scatenata avendo quello che sembra un orgasmo per poi accasciarsi, sfinita, sulla carcassa decapitata della bestia a cui accarezzava amorevolmente il vello. Nella versione distribuita nelle sale da Gross, si mostra il servitore di Papa Negro calare l’implacabile machete e la scena si interrompe con lo scatenarsi di un fulmine. Chi ha sacrificato? Il capretto o la ragazza?






Sarebbe anche interessante sapere se Del Tenney scrisse la sceneggiatura del suo film pensando al romanzo Vivi e lascia morire (pubblicato nel 1954), ovvero la missione caraibica di 007 in cui i riti vudù la fanno da padroni. È innegabile che Tom Harris, il personaggio principale, sia un surrogato del Bond conneriano, ma solo nell’aspetto: non è infatti un agente segreto bensì uno scrittore di romanzi d’avventura. Tenney, con un colpo di genio, ha voluto così unire Fleming e Harris sotto un’unica figura? Il romanzo Voodoo Island, la cui copertina si vede brevemente alla fine, è da considerarsi come una versione cinematografica di Vivi e lascia morire? Potrebbe essere un gioco con lo spettatore, un inganno, come quello operato dai due “cattivi” nelle rispettive opere: nel romanzo di Fleming, Mr. Big controlla i suoi scagnozzi con il terrore, facendo credere di essere addirittura Baron Samedì, sorta di traghettatore dei morti; nel film, Papa Negro, il sacerdote che ufficia i riti, altri non è che un bianco che vuole conquistare il mondo con un esercito di zombi. 



Home video: 

I eat your skin è uscito, in definizione standard, tra gli extra dell’ottimo Blu-ray americano di I drink your blood, prodotto dalla Grindhouse. La versione intitolata Zombie è invece disponibile in diversi DVD, sempre di importazione americana, di dubbia legalità.

In Italia, il film inedito nei cinema, è uscito in DVD per la Freak Video come Il voodoo dei morti viventi (si ignora in quale versione sia presente) mentre La rabbia dei morti viventi è disponibile, sempre in DVD, per la Dynit Minerva.

(1) Il gioco di parole è basato sul “bagno di sangue” del titolo e “fare un bagno”, inteso come perdita di soldi

(Articolo precedentemente apparso su Nocturno 186 e 237, qui riproposto in versione ampliata e modificata)


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